Comunichi il risultato che ottieni“Comunichi il risultato che ottieni” è una delle conseguenze degli assiomi della comunicazione, elaborati nell’ambito della scuola di Palo Alto. Lo abbiamo introdotto l’altra sera durante il Laboratorio di crescita personale “Insieme è più facile”, e ha destato non poche perplessità… Comprendo bene il disorientamento che nasce quando si entra in contatto con questa teoria: io per prima ho avuto le idee confuse in merito… Seguimi nelle prossime righe e ripercorrerò con te le tappe che mi hanno aiutata a comprendere che, in fondo, la responsabilità della comunicazione è sempre nostra!

Ma che ruolo ha il mio interlocutore?!

“Che colpa ne ho io se lui non ha capito?!”; “Perché dovrei essere responsabile se il mio interlocutore ha la luna storta?!”. Sono le domande, più che legittime, che si affacciano alla mente quando qualcuno ti dice per la prima volta che “Comunichi il risultato che ottieni”.
“Come?! Se tu ti arrabbi quando ti dico qualcosa, la responsabilità sarebbe mia?! Idem se tu non comprendi il significato del mio discorso o se lo fraintendi, se non riesci a seguirlo, se capisci fischi per fiaschi?!”.

Mettiti comodo e prova, per un attimo, ad aprirti a un’altra prospettiva, così come ho fatto io tempo fa, quando approfondii le conseguenze di questo principio. Sei pronto/a?

Immagina di dover entrare nella casa di un amico, che ti ha lasciato diversi mazzi di chiavi, senza tuttavia specificare quale fosse quella giusta per aprire l’ingresso.
Se il tuo obiettivo è entrare in quell’abitazione, che cosa puoi fare? “Imprecare contro l’amico che non mi ha detto quali chiavi usare!” potrebbe rispondere prontamente qualcuno! Non ti do’ torto… tuttavia: ti porterebbe alla soluzione?! E poi, non c’eri forse anche tu quando lui ti ha consegnato le chiavi? Che cosa ti ha impedito di chiedergli quale fosse quella giusta?!

Iniziamo a prenderci le nostre responsabilità: se non so entrare nel mondo di qualcun altro, forse è perché non gli ho chiesto come fare!
Le vie per capire come accedere all’universo del nostro interlocutore sono tante: prima di tutto, osservare come si comporta, come agisce, come pensa e si emoziona offre molti spunti interessanti. Chiedergli direttamente quali siano le sue preferenze è un altro modo, non sempre opportuno, ma possibile.

Ma torniamo al nostro racconto: ho tante chiavi e non so come entrare nella casa del mio amico… Dopo gli eventuali improperi di cui sopra e le – altrettanto eventuali – assunzioni di responsabilità, la soluzione più facile è iniziare a provare tutte le chiavi, una per una. “Prima o poi troverò quella che combacia con il taglio della serratura!”. Fino ad allora, sarà mia responsabilità continuare, con pazienza e dedizione, a provare…

Comunicare significa creare ponti e se non sono in grado di individuare la giusta direzione, il giusto peso e l’inclinazione più opportuna per il ponte che sto costruendo… la mia opera rimarrà sempre incompiuta.

Che cosa desideri comunicare veramente?

“E l’altro capo del ponte?” potrebbe obiettare qualcuno… “Come la mettiamo con la volontà dell’altra persona di entrare in contatto con me?”. Giusta obiezione, opportuna e sensata: ogni relazione necessita di almeno due individui.

Qui entra in campo l’obiettivo: se io desidero realmente comunicare qualcosa a chi mi sta di fronte, allora sfodero tutte le mie “arti” e finché non avrò trovato quella giusta, manterrò fede al mio obiettivo. Viceversa, se il mio è soltanto un vago desiderio, non avrò la volontà, la perseveranza e la dedizione per applicarmi a questa appassionata ricerca, e la costruzione del ponte si bloccherà al primo vento contrario.

Molto spesso, ci rivolgiamo agli altri per soddisfare i bisogni che spingono dal nostro inconscio verso la superficie: il bisogno di riconoscimento, di attenzione, di sfogare impulsi bellicosi, di dimostrare che nessuno ci capisce, di trovare i carnefici ideali per il nostro senso di vittimismo, di distrarci dalla solitudine o dallo specchio della realtà… In questi e tanti altri casi, la comunicazione diventa solo la via d’uscita per le nostre pulsioni…

Quanto ci tieni a ciò che hai da dire?

“Ma comunicare deve essere così difficile?” potresti pensare dopo questa esplorazione dei binari consci e inconsci della comunicazione. Ci sono alcuni casi in cui ciò che abbiamo da dire all’altra persona è realmente importante per noi. Altre volte, invece, ci rendiamo conto che non ci importa poi così tanto, e che parliamo tanto per parlare, o per lasciare andare tensioni interne… In queste occasioni, comunicare non è il termine adatto per descrivere la dinamica che si innesca: sarebbe più appropriato parlare di sfogo, di libera uscita per le nostre emozioni, di passatempo, ecc. La comunicazione ha un altro tenore e un altro spessore…

Quando ci teniamo veramente a far arrivare il nostro messaggio all’altra persona, sarà proprio la forza che ci deriva da quell’intenzione a farci perlustrare tutte le rotte possibili, fino a trovare il giusto porto nel mare dell’altro.

Per comunicare in maniera efficace, quindi, abbiamo bisogno di un obiettivo chiaro e forte dentro di noi, che ci guidi, ispiri e motivi a superare anche gli inevitabili ostacoli che nascono lungo le vie del dialogo. La comunicazione si fa in due, ma l’esito della trasmissione del mio messaggio dipende dall’importanza che io ci attribuisco.

Prenditi un attimo a rifletterci sopra… e poi raccontami che cosa ne pensi!