Che cosa vi viene in mente quando si parla di consapevolezza? Quali parole, immagini, suoni vi raggiungono? Insomma, che cosa vuol dire consapevolezza per voi? In questo post cercheremo di fare un po’ di chiarezza, partendo dalla mia esperienza per poi affidarci alle parole di un libro che ho letto recentemente: “Guida alla consapevolezza e alla quiete profonda”, di William Samuel.
Nella mia esperienza, mi è capitato qualche volta di pormi esplicitamente la domanda:“Consapevolezza: ma cosa vuol dire?!”. Più spesso, però, mi sono soffermata sull’applicazione pratica di questo termine, che altrimenti rimane relegato nel mondo delle idee 😉 Ed ecco che il suo significato inizia a svelare una sua sfaccettatura semantica: la consapevolezza diventa tale quando è “agita”, cioè messa in atto attraverso le nostre azioni quotidiane. Ne dà conferma anche il prezioso sito unaparolaalgiorno.it:
“Questa parola denota un fenomeno estremamente intimo, e di importanza cardinale. Non è un superficiale essere informati, né un semplice sapere – e si diparte anche dalla conoscenza, più intellettuale. La consapevolezza è una condizione in cui la cognizione di qualcosa si fa interiore, profonda, perfettamente armonizzata col resto della persona, in un uno coerente. È quel tipo di sapere che dà forma all’etica, alla condotta di vita, alla disciplina, rendendole autentiche.
La consapevolezza non si può inculcare: non è un dato o una nozione. È la costruzione originale del proprio modo di rapportarsi col mondo – in quanto sapere identitario, davvero capace di elevare una persona al di sopra dell’ignoranza e della piana informazione.
È il caso della consapevolezza del rischio, che non frena ma rende accorti; della consapevolezza delle proprie capacità, che orienta ed entusiasma; della consapevolezza del dolore, che rende compassionevoli e gentili; della consapevolezza di essere amati, che rende invulnerabili.”
E dalle righe precedenti desumiamo anche un’altra caratteristica che ci aiuta a definire la consapevolezza: non si colloca a livello mentale, (tipo: “So qualcosa”), ma si costruisce individualmente, attraverso le proprie esperienze esterne e con l’attenzione rivolta ai propri stati interiori (“Sono quella cosa”).
Personalmente, ho costruito il mio significato di consapevolezza sviluppando un vigile senso di osservazione: fino all’adolescenza inoltrata, mi sentivo fortemente limitata dalla mia timidezza, quindi maturai l’attitudine tipica degli outsider, l’osservazione appunto. Osservavo gli altri e osservavo me. Con gli strumenti di crescita che ho acquisito nel tempo, ho capito che osservando “consapevolmente” potevo anche modificare me stessa e il mondo, attraverso la percezione, e questo è diventato il mio modo di sentirmi consapevole: porre l’attenzione sul qui e ora, per sprofondare in uno stato che assomiglia alla presenza e da cui discendono azioni coerenti al contesto interiore, esteriore e agli obiettivi che mi pongo.
Raffinando questa definizione della consapevolezza, ieri ho trovato una descrizione che, a mio sentire, si avvicina magistralmente a quello che, di fatto, è uno stato indescrivibile! Vi riporto le parole di William Samuel (“Guida alla consapevolezza e alla quiete profonda”):
“La Consapevolezza è percepire, non dettare cosa si debba percepire o come debba apparire. Il tentativo di occuparsi degli oggetti racchiusi nella consapevolezza è l'”effetto” del desiderio, la “causa” dell’infelicità. E’ un’attività superflua che possiamo cessare immediatamente e senza sforzo, perché la perfezione è già un dato di fatto definitivo.
[…] Adesso va sempre tutto bene! Il presente è colmo di bellezza, grazia e magnificenza, non contiene immagini, suoni o sensazioni che non siano assolutamente inoffensivi e totalmente perfetti. Ben presto vedrai e capirai […] che l’adesso è colmo di pace, serenità, vivace e spumeggiante felicità. È straripante di tutto ciò di cui possiamo aver bisogno.Dunque, quando ci distogliamo dai ricordi del passato e dai sogni sul futuro – ossia dal pensiero – non stiamo né ignorando la realtà (come sostiene il mondo), né nascondendo la testa nella sabbia per sfuggire alla pressione delle circostanze. Al contrario, accade che ritorniamo alla perfezione che abbiamo a portata di mano, per riscoprire che l’adesso è tutto ciò che esiste e tutto ciò di cui dobbiamo preoccuparci.”
Ecco che il significato di consapevolezza si eleva dalle sfere “terrene” e concrete a quelle più sottili e “spirituali”, avvicinandosi al senso di stati come l’illuminazione e il misticismo, ma calati negli ambiti “mondani”. Perché, ricordiamo: ogni comprensione che possiamo avere, per quanto intima, rimane tronca se non viene sviluppata nella realtà con azioni concrete.
Consapevolezza: cosa vuol dire per voi? Se avete piacere, parliamone nei commenti qui sotto!
Se stai cercando il modo per tradurre la consapevolezza in un’esperienza quotidiana, contattami liberamente per vedere se posso esserti di aiuto con una facilitazione.
MI DICI LA TUA? Scrivi il tuo commento qui sotto...