Dire no è riconoscere che siamo unitiSpesso me la sono presa con le persone a cui non ero in grado di dire no. Poi ho imparato che la destinataria reale di quella rabbia ero io…

Una presa di coscienza non semplice: non è lui/lei che merita il mio rancore, ma la mia incapacità di dire la mia verità.

Questo passaggio è fondamentale per poter creare una vita sana e felice.

Trasformare un sì falso in un no vero

Un sì a denti stretti richiama in te che lo ricevi un senso limitato di soddisfazione, che ha le gambe corte, pronta a cedere il posto alle ripicche, alla chiusura, all’incomprensione. Muove in me la rabbia, la frustrazione, il senso di impotenza, il rimpianto. E’ un sì che non avrei voluto dire e quindi mi spinge a ribellarmi.

Un no a cuore aperto sollecita in te la necessità di comprendermi, di aprirti ad altre possibilità, di ampliare il tuo pensiero, di escogitare altre soluzioni. E questa è flessibilità, la ricchezza del nostro tempo che cambia in continuazione. Chiede a me la capacità di espormi, anche a reazioni sgradevoli, di affidarmi a te e alla tua capacità di capirmi, di reggermi sulla colonna della mia verità, di confidare sul mio sentire, di superare le convenzioni e le morali traballanti. Di essere me!

Nel sì o nel no, io e te siamo uno

Se ci rifletti un istante, ti accorgi che imparare a dire no implica la consapevolezza che tutto è uno.

Tu che mi chiedi sei unito a me. Siamo uno quando ti rispondo dalla mia area di comfort, sfoderando l’opzione più semplice e comoda per me, un generoso e altisonante sì! Ma è un sì amaro e pieno di risentimento: lo avvertiamo sia io che te, e in questa esperienza siamo uniti.

Siamo uno anche quando, a te che mi chiedi, imparo a dire il mio “no” consapevole e trasparente: allora mi accorgo che si innescano altre reazioni anche in te. Mi accorgo che quello che per me era un ostacolo si rivela un’opportunità per entrambi, perché sia io e che te diventiamo capaci di guardare la verità, di assumercene la responsabilità e di smettere di giocare al gioco dell’opportunismo.

Sia io che te partecipiamo al gioco dell’unione, dove attingiamo alla stessa fonte e il mio no sincero porta beneficio anche a te, che così puoi imparare a chiedere in altro modo, oppure a qualcun altro, e chissà quante altre opportunità ti si svelano nella tua ricerca di un sì, o nella tua comprensione che quel no, magari inaspettato, magari frustrante, magari deludente, in realtà ti ha spinto a comprendere che la tua via era diversa…

Capisci, dietro a un “sì” o a un “no” si nasconde il mio e il tuo mondo interiore e tirare le redini nella direzione giusta per me, significa dare anche a te la possibilità di incamminarti nella direzione giusta per te. Questo è il senso profondo dell’unione.

E’ facile riempirsi la bocca e la testa di quei meravigliosi principi orientali e quantistici per cui “Tutto è uno”; molto più difficile trasformarli in pratica, soprattutto quando qualcuno ci si para dinanzi con una richiesta a cui ci è difficile rispondere no.
Ma praticare il principio dell’unione è un passo fondamentale per comprendere la felicità. Perché felicità non è separazione, ma sentire sulla propria pelle che siamo tutti legati dal filo del destino, se vogliamo chiamarlo così. Siamo tutti uniti dalle esperienze, che, mentre trasformano te, trasformano anche me, e viceversa. Siamo tutti uniti dall’aspirazione a tornare quell’uno che, secondo gli gnostici, l’Advaita e altre filosofie di ogni tempo e luogo, eravamo.

 

Dire no è riconoscere che siamo uniti

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