maestro discepoloQuando un maestro commette un errore… perde il suo status? E quando un allievo non segue il maestro… sta sbagliando?

Non esiste un “modo giusto” di fare le cose. Fino a poco tempo fa ero convinta che esistesse modo giusto per meditare, un modo giusto per respirare, per lavorare, per vivere… E molto spesso non era il mio! Ora sono convinta che il modo giusto sia quello che sta accadendo.

Quasi vent’anni fa, accecata dall’illusione di poter trovare fuori di me il “modo giusto”, cercai la “persona giusta” che potesse insegnarmelo, finché mi imbattei nel mio primo maestro. Mi insegnò con amore molte cose, ma sopra a tutto il principio: “Ogni persona è un fiore unico. Se tu sei una rosa, esalta le qualità della rosa. Non preoccuparti delle tue spine… si addolciranno man mano che imparerai ad esalare il tuo profumo”. Peccato che poi alla fine il modo giusto fosse sempre il suo e che per me sia sempre stato molto difficile espandere il mio “profumo”… Evidentemente io non ero ancora pronta per esprimermi, ma lui… è stato veramente un maestro?

Rispondo con una storia, credo di matrice sufi, che lui stesso amava raccontare:

Un giovane andò alla ricerca di un maestro nel deserto, ma non sapeva dove vivesse. Si diceva che abitasse nei pressi di un certo villaggio beduino, così, arrivato nei paraggi, iniziò a chiedere dove fosse il maestro.
Incontrò una banda di ladroni, senza saperlo, e chiese al capo se conoscesse il maestro. Il capo per schernirlo gli disse: “Sono io!”. Il giovane allora lo seguì.
Per anni e anni il giovane, sempre ignaro di trovarsi in mezzo ad una banda di ladri, seguì alla lettera e con devozione tutto ciò che il “maestro” gli indicava, anche se si trattava di compiti umili e umilianti, perché sapeva e aveva cieca fiducia di trovarsi sulla strada giusta.
Arrivò così il giorno in cui il giovane si illuminò. E Dio volle ricompensarlo donandogli un maestro e fece illuminare anche il capo dei ladroni.

Eppure, dopo il mio primo maestro, ho avuto bisogno di affidarmi ad un secondo “guru”, molto più pragmatico e meno spirituale, per iniziare a mettere in atto la mia unicità e scoprire il profumo della rosa, senza il timore che le mie spine potessero nuocere.

Poi mi allontanai anche da lui, annusando qualcosa di strano nell’aria… Ma in quest’esperienza, circondata da tanti altri bellissimi fiori, smisi di sentirmi “appuntita” e iniziai a vedere i miei colori sbocciare, il mio profumo espandersi intorno… Fu solo allora che sperimentai cosa significa essere “rosa”.

Nonostante questo, diverse persone intorno a me giudicavano: “Hai seguito per anni due persone con pochi scrupoli chiamandole maestri, ma i maestri non esistono…”. Eppure non sapevano cosa significasse avere un maestro, semplicemente perché non lo avevano mai provato!

C’è poi chi di maestri ne ha seguiti diversi, per arrivare alla conclusione che “Nessun uomo è un maestro”, come scrive l’astrologa e tarologa britannica Joyce Collin-Smith, la cui vita è stata segnata dalla ricerca di una nicchia esoterica che potesse riempire i vuoti e innalzare lo spirito. Sin dalle prime pagine, il libro “Nessun uomo è un maestro” sembra demolire la possibilità stessa dell’esistenza dei maestri, dato che ognuno di loro cela lati umani oscuri o addirittura ridicoli.

C’è chi infine assume una posizione più disincantata, come Dario Chioli in “Come Far Fuori il Proprio Guru e Vivere Felici”, un libricino che lessi anni fa, che sdrammatizza buttandola sul ridere…

Personalmente io mi sento allineata con il movimento dei “non guru” (ricordo il bellissimo libro di Isabella Di Soragna che curai ai tempi di Jubal editore: “I non guru del non culto del non metodo”), coloro che si dichiarano illuminati senza pretendere di essere maestri o modelli da seguire.
Questo tipo di approccio all’insegnamento spirituale, che arriva ai nostri giorni attraverso personaggi come Salvatore Brizzi o lo stesso Vadim Zeland, tende ad evitare la creazione di modelli da seguire (anche se nella realtà dei fatti ciò è quasi impossibile!), rimarcando piuttosto la consapevolezza che ognuno di noi è veramente un essere unico e speciale. Ognuno di noi è nato con una propria missione e un proprio senso da compiere, che non possono essere uguali a quelli di nessun altro!

A mio avviso, un “discepolo” diventa veramente tale quando riconosce che la via del maestro è soltanto una delle possibili vie alla realizzazione di Sé e all’illuminazione. E inizia a cercare la propria, perdendo la qualifica di discepolo… Per questo credo che gli errori dei maestri siano lo stimolo giusto in grado di spingere i discepoli a “staccarsi” e prendere la propria via… Per questo credo che un maestro, per essere tale, non possa non sbagliare…